Archivio mensile:dicembre 2016
Chi sono quelli che non restituiscono i prestiti al Mps?
Perché una banca può andare a rotoli? Perché i soldi che ha prestato non sono tornati indietro e sono diventati “sofferenze bancarie”, ossia crediti quasi inesigibili che probabilmente non rientreranno tutti o non rientreranno mai. Ma chi sono i furbetti che hanno preso i soldi in prestito dalla banca e poi non riescono o non intendono restituirli? E’ il sig. Mario che ha fatto un mutuo ma poi è stato licenziato e non riesce più a pagare le rate per la casa? Robetta!! E’ la sig.ra Maria che ha chiesto un prestito per pagare il rifacimento della facciata del palazzo e sta saltando le rate? Bazzecole!! A mettere in crisi le banche sono soggetti che somigliano molto ai banchieri e spesso ci vanno a cena insieme: i prenditori.
Una analisi dei debitori del Monte dei Paschi di Siena, porta alla luce tanti nomi della imprenditoria italiana ai quali la banca ha prestato soldi e che da tempo non sono rientrati.
Fra i clienti che non hanno rimborsato il Mps troviamo ad esempio la Sorgenia della famiglia De Benedetti che ha lasciato un buco di 600 milioni e poi Don Verzè fondatore del l’ospedale San Raffaele portato al dissesto con un buco di duecento milioni. Fino all’anno scorso, risulta poi una fidejussione di 8,3 milioni di Berlusconi a favore della ex cognata Antonella Costanza, prima moglie del fratello Paolo. La signora Costanza aveva acquistato, per nove milioni, una villa sfarzosa in Costa Azzurra e aveva dimenticato di pagarla. A Siena, però, conoscevano bene la famiglia Berlusconi e si fidavano. Erano stati i primi a credere nella capacità imprenditoriali di Silvio e non se n’erano certo pentiti.
Ma Mps opera anche attraverso altre banche come la Banca Agricola Mantovana in stretti rapporti d’affari con il gruppo Marcegaglia che ha accumulato un’esposizione verso la banca di 1,6 miliardi..
Insomma da un primo screening viene fuori che il 70% delle insolvenze è concentrato tra i clienti che hanno ottenuto finanziamenti superiori ai 500mila euro, dunque molto ma molto di più del sig. Mario o della sig.ra Maria. In totale si tratta di 9.300 posizioni debitorie in cui il tasso di insolvenza cresce all’aumentare del finanziamento. La percentuale maggiore dei cattivi pagatori (32,4%) si trova fra quanti hanno ottenuto più di tre milioni di euro. Si è scoperto poi che gran parte parte dei problemi nasce dopo l’acquisizione della bannca Antonveneta da parte del Mps. I prestiti concessi nel 2008 sono diventati sofferenza nel 2014.
Dunque la crisi del Mps, per la quale lo Stato ha trovato subito e stanziato 8 miliardi di euro, dipende soprattutto dalla stessa classe alla quale appartengono i banchieri. E’ questo il motivo per cui chi sostiene che anche questa volta ci troviamo di fronte ad una “socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti”, ha ragioni da vendere. Una volta che si è deciso di intervenire con fondi pubblici, sarebbe meglio una nazionalizzazione della banca stessa, e non pre restituirla ai banditi di sempre dopo aver risanato i conti, ma per metterla a disposizione del paese e non dei soliti noti.
Pezzi di guerra
Si chiamano hot spot e sono l’ultima trovata, in ordine di tempo, per il contenimento degli stranieri poveri. Rispondendo ai richiami dell’Unione Europea per arginare quella che la propaganda definisce “emergenza sbarchi”, cinque centri del genere sono stati allestiti d’urgenza. Circondati da recinzioni e controllati a vista da organi militari e polizieschi, questi luoghi altro non sono che campi di detenzione provvisori nei quali gli immigrati che arrivano in Italia vengono trasferiti per essere censiti, schedati, incasellati. Dalle foto segnaletiche al prelievo forzato delle impronte digitali, l’iter è identico a quello che compie chi varca le porte di una prigione. Nel silenzio generale, l’equiparazione “immigrato uguale a criminale” si manifesta in tutta la sua cruda realtà, a compimento di un percorso ideologico e mediatico ormai ventennale.
Ma gli hot spot non sono delle carceri, sono molto di più. Rappresentano un pezzo di quel mondo in guerra che appare così distante da noi, ma che nella realtà è sempre più vicino. Se in altre zone del mondo i fuggiaschi si ammassano nei campi profughi, per fuggire da guerre, carestie, fame, quando provano a lasciarsi alle spalle tutto ciò ecco che vengono predisposti per loro nuovi campi, in cui un burocrate governativo decide chi può restare e chi invece non ne ha il diritto, aprendo per questi ultimi le porte dei centri di detenzione veri e propri – i CIE – in attesa di un volo di sola andata verso la terra da cui erano fuggiti; in alternativa li si rilascia con un decreto di espulsione dal territorio nazionale, rendendoli clandestini, quindi illegali e, come tali, costretti a nascondersi. Dichiarata per legge la loro inesistenza giuridica, se ne decreta anche l’inesistenza sociale. Il clandestino semplicemente non esiste, e quindi che scompaia inghiottito dalle acque che cerca di attraversare, o da un CIE con un rimpatrio o tra lo sfruttamento salariale in virtù della sua condizione di ricattabilità, non fa molta differenza.
Uno dei cinque hot spot istituiti in Italia, unico a non trovarsi su di un’isola (Lampedusa o Sicilia) è sorto a Taranto, nell’area del porto mercantile. La scelta della città ionica non appare per nulla casuale, anzi. Quello tra Taranto e la guerra è un rapporto di lunga durata e ormai consolidato, e l’istituzione dell’hot spot sembra confermare un vincolo sempre più stretto; se in passato le navi militari hanno salpato dal suo porto per andare a combattere in Afghanistan o Iraq, ora vi attraccano per sbarcare gli immigrati rastrellati in giro per il Mediterraneo. Gliuomini, donne e bambini che sbarcano e rinchiudono, rappresentano il bottino della stessa guerra, i prigionieri, l’effetto secondario della loro prima missione. Ecco perché gli hot spot rappresentano un pezzo di guerra; chi governa ne è cosciente, e tratta coloro che cattura in mare come sempre gli Stati hanno trattato i propri nemici. Internandoli.
Ma se per migliaia di esseri umani che fuggono e vengono intercettati e rastrellati l’Italia e l’Occidente si trasformano in un campo di internamento, per altri, che vivono già da questa parte del mondo, può tramutarsi in un campo di battaglia. Sebbene i primi siano vittime del complesso sistema di sfruttamento, ed i secondi si facciano carnefici massacrando indiscriminatamente, le cause che agiscono su entrambi sono le stesse: le guerre che l’Occidente scatena in giro per il mondo, per accaparrarsi risorse e trarre profitto. Tutti i recenti attentati, da Parigi a Berlino passando per Bruxelles e Nizza, sono anch’essi, come i rastrellamenti nel Mediterraneo, un effetto secondario, un effetto di ritorno delle guerre occidentali. Ecco cosa lega un CIE, un hot spot e gli attentati; opporsi ad un hot spot, contrastare la costruzione di un muro, attaccare le frontiere in qualunque modo si manifestino, significa opporsi, nello stesso modo e nello stesso momento, alla guerra santa del Capitale e alla guerra Santa della Religione.
Miserabili Uomini di Merda
Solo poche settimane fa accennavamo all’apocalisse etica in atto all’interno di tutta la società. Atteggiamenti considerati un tempo ignobili avvengono ora sotto gli occhi di tutti senza provocare alcuna reazione, all’insegna della normalità. Non suscitano più lo sdegno generale, al massimo vengono notati con rassegnazione, con curiosità, con indifferenza. Talvolta riscuotono perfino successo. Come se nulla fosse. Questa degradazione è trasversale, non conosce isole felici poste al riparo, ma intacca ogni ambito. Dai reazionari ai rivoluzionari, nessuno si preoccupa più di cosa sia giusto, ma solo di cosa sia conveniente. E, pur di ottenere ciò che è conveniente, si è pronti a fare o a giustificare qualsiasi comportamento, anche quelli più ripugnanti. Il rigore — ci viene detto e ripetuto — fa diventare rigidi, fa perdere occasioni. Meglio essere elastici. E poi il futuro non esiste; ci si può anche rilassare, ci si può anche sbracare. «Se le cose non possono migliorare», diceva qualcuno anni fa, «possono però pur sempre peggiorare». Oggi se le cose non possono peggiorare è solo perché il peggio si è già verificato. Deve semplicemente passare un certo lasso di tempo prima che tutti vengano a saperlo.
Una ragazza in stato di ebbrezza, priva di coscienza. Collassata per un eccesso di alcool o di droghe. Incapace di rendersi conto di quanto le sta accadendo attorno. È l’obiettivo preferito di certi maschi in fregola, vogliosi solo di sfogarsi biologicamente, senza dover aspettare che scocchi la reciproca scintilla, senza dover perdere tempo in corteggiamenti dall’esito incerto. Per costoro, una ragazza priva di sensi è la preda perfetta. Se non dice di sì, non dice nemmeno di no. E questo è un particolare importante, perché ci sono maschi in fregola che hanno perfino una coscienza delicata e degli scrupoli morali. Non vogliono passare per stupratori, non si considerano stupratori. Poiché non fanno domande, non hanno bisogno di ricevere risposte. «No» è sinonimo di stupro, lo sanno tutti, il silenzio invece apre quella zona franca che permette loro di usare un essere umano come se fosse una bambola di carne per poi dormire in pace con se stessi. Quando un «No» inequivocabile non viene pronunciato, loro si sentono a proprio agio. Non è stupro, perché non ci sono urla e singhiozzi. Non è stupro, perché non c’è resistenza fisica.
Servitù e simulacro
Jordi Vidal
Per farla finita con la specie umana
Pierre Drachline
I politici passano, la Costituzione resta — Open Mind
Nell’epoca di internet, dei social dove Renzi e i suoi sono iper presenti la maggior parte di chi ha votato sì ha più di 55 anni. Il che vuol dire che in Italia c’è un enorme problema di informazione generalista che non fa il suo dovere. Chi attinge solo dai canali ufficiali, telegiornali, talk show, […]
Democrazia o libertà!
Molto spesso si sente dire in giro: “Questa non è Democrazia!”.
Eppure, dalle guerre allo sfruttamento dei territori, fino allo spossessamento di milioni di individui nel mondo, sembra che tutto venga realizzato grazie anche alle regole democratiche che si adattano o si conformano alle necessità di cui l’Economia, di volta in volta ha bisogno. Prendiamo l’esempio dei diritti umani. Senza fare digressioni storiche o filosofiche che ci porterebbero a parlare, inevitabilmente, di inclusione ed esclusione, e prendendo per buona la loro essenza, essi – si dice a ragione – vengono calpestati in Paesi come Turchia o Israele che rappresentano delle perfette democrazie. Funge da esempio la più grande democrazia del mondo, gli USA dove, periodicamente, i neri vengono assassinati in strada dalla polizia. Fino ad arrivare all’elenco lunghissimo dei morti ammazzati nel Bel Paese per mano, anche qui, delle forze dell’ordine.
Certo, sono argomenti facili se vogliamo, ma il problema è che questi episodi non sono affatto errori o eccezioni opera di mele marce, sono parte intrinseca di un sistema di diritto in cui coloro che hanno il potere hanno il monopolio della violenza e governano sul resto dei sudditi, imponendo loro qualsiasi decisione: economica, ambientale, militare, sociale, ecc.
La farsa della partecipazione serve solo a consolidare il sistema.
Altre volte capita di sentire: “Questa non è Democrazia, ma Fascismo”. In effetti un controllo sempre più asfissiante, un azzeramento delle conoscenze e delle esperienze e una rappresentazione che sempre più si sostituisce alla realtà, sembra paventare un totalitarismo altrettanto insidioso e invadente. Eppure il Fascismo, almeno in Italia, lo si è conosciuto per quello che era: un regime autoritario, gerarchico e monopolizzante che non consentiva alcuno spazio al di fuori di esso e reprimeva il dissenso con la censura, la tortura e la morte. Le similitudini possono anche farsi, ma è bene considerare anche le differenze e grazie a ciò riconoscere coloro che, come i gruppi neo fascisti, vorrebbero ritornare a quell’epoca. Ad un certo punto, molti anni fa in Italia, alcuni decisero che quel monopolio della violenza doveva cessare e impugnarono le armi contro il regime fascista. E ciò avvenne da subito e oltre la fine di quell’esperienza. Proclamata la Repubblica, molti partigiani rimasero in carcere anche alcuni decenni oltre la fine della guerra, mentre tutti i fascistivennero liberati e tornarono a riprendere il posto che avevano occupato prima. La Costituzione che si dice nata dalla Resistenza, non ha difeso allora coloro che si erano battuti per eliminare la sopraffazione fascista; non è servita poi quando lo Stato ha messo le bombe sui treni e nellepiazze, non ha funzionato quando l’Italia è andata in giro per il mondo a esportare guerra e democrazia con torture e massacri come in Libia, non serve oggi, quando il Mediterraneo si riempie di morti. Il Si al Referendum vorrebbe accentrare il potere in mano al governo e rendere più difficile la partecipazione di altri poteri, il No vorrebbe difendere o aumentare la Democrazia.
Ma per aumentare la libertà non servono né l’uno né l’altro.
Serve l’autodeterminazione a spazzare via questo modello da sempre iniquo e totalizzante.
Lutti r-r-r-rivoluzionari
Sono tutti in lutto, da giorni. Sapevano che prima o poi sarebbe successo, non si scampa alla morte, ma è duro sopportare tutto quel dolore. Fidel è morto. Morto, capite? E loro adesso sono soli, disperatamente soli. Orfani di un padre spirituale, privi di punti di riferimento, senza fulgidi esempi da seguire. Non stiamo parlando dei cubani, divisi fra chi piange e chi ride alla notizia della dipartita dell’uomo che li ha governati per oltre mezzo secolo, ma di loro. Loro, sì, i r-r-r-rivoluzionari occidentali, quelli che vanno talmente pazzi per le dittature esotiche da fare a gara con i cosiddetti turisti sessuali su chi va di più all’estero a fare ciò che non farebbe mai a casa propria.