Archivio mensile:novembre 2017
Il governo costretto a ritirare la proposta sulla cybersecurity
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Il fatto che il governo abbia ritirato all’ultimo istante l’emendamento che in maniera alquanto maldestra aveva inserito nel decreto fiscale avrebbe dovuto tranquillizzare tutti. Ma così non è. Il solo tentativo di far rientrare dalla finestra la “privatizzazione” della cybersecurity italiana, che appena un anno fa era uscita dalla porta di Palazzo Chigi, è un dato di per sé inquietante.
La disposizione di affidare la delicatissima funzione di gestore della sicurezza cibernetica ad una fondazione di diritto privato era stata inserita in un primo momento nel ddl Bilancio, poi stralciata, per essere reinserita nel giro di poche ore nel disegno di legge fiscale. Con quella proposta si autorizzava il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza della Presidenza del consiglio a costituire una fondazione di diritto privato con la partecipazione di enti, amministrazioni pubbliche e soggetti privati. La struttura, con una dotazione annua di 1 milione di euro, si occuperebbe anche della protezione delle infrastrutture critiche di rilevanza nazionale, oltre a definire le idonee misure tecniche a tutela dei dati e delle comunicazioni.
Né più né meno di quanto aveva fatto Renzi un anno e mezzo fa con la proposta di nominare il suo amico/imprenditore, Marco Carrai, consulente di Palazzo Chigi per la sicurezza cibernetica e i big data. Nelle intenzioni dell’ex presidente del Consiglio si sarebbe dovuta creare una nuova struttura di missione a cui trasferire le competenze del Nucleo per la sicurezza cibernetica, allora alle dipendenze del consigliere militare della Presidenza del consiglio, gen. Carmine Masiello.
Quel tentativo fallì non sono per l’avvicinarsi della prova referendaria che sconsigliava scontri troppo accesi con le altre forze politiche, ma soprattutto per le critiche piovute sulla proposta dai più alti vertici istituzionali.
Tant’è che ad agosto di quest’anno il ministro dell’Interno, Marco Minniti, annunciò in Parlamento una serie di interventi «che determineranno un salto di qualità nella difesa dei sistemi informatici italiani». Ci sarà sempre l’Agenzia per l’Italia Digitale ad occuparsi della tutela di siti istituzionali, aziende private e infrastrutture. Ma qualora ci sia un attacco cibernetico ai gangli dello Stato –disse Minniti – crescerà il peso politico del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (Cisr, una sorta di gabinetto di guerra con il premier e i ministri di Esteri, Interno, Difesa, Giustizia, Economia e Sviluppo Economico). Braccio operativo della cyber-security saranno i servizi segreti, ovvero il Dis (Dipartimento informazione e sicurezza) guidato dal prefetto Alessandro Pansa. In questo modo si superava tra l’altro il dualismo che si trascinava da tempo all’ombra di palazzo Chigi.
Ma evidentemente il premier Gentiloni non ha tenuto conto dei propositi del suo ministro dell’Interno, riproponendo, con qualche piccola variante, il vecchio schema simil-privatistico della sicurezza informatica, contro cui anche questa volta si è formato un largo fronte di oppositori.Tra questi si è distinto il senatore Felice Casson (Mdp) che, intervenendo in aula sul decreto fiscale, aveva chiesto al presidente del Consiglio di ritirare definitivamente l’emendamento sulla cybersicurezza.
“Quell’emendamento – ha sostenuto l’ex magistrato – rappresenta una grave deviazione istituzionale in una materia delicatissima che presenta forti opacità sia nel contenuto, sia nelle modalità di presentazione, visto che non sono stati informati preventivamente né il Copasir, né i gruppi parlamentari. La trasparenza deve essere massima su temi che riguardano la sicurezza e non si possono tollerare zone grigie in un settore fondamentale per la sicurezza dello Stato”.
Anche questa volta dunque il governo è stato battuto nel tentativo di sottrarre la sicurezza informatica dei nostri apparati sensibili al rigido controllo delle autorità pubbliche. L’ostinazione però con cui la maggioranza ripropone sempre lo stesso schema è il dato politico su cui riflettere. Su materie di questa rilevanza occorre tenere alta la guardia affinchè con qualche colpo di mano di fine legislatura non si alteri il quadro istituzionale e la governance, in modo che il governo che verrà possa decidere in piena libertà.
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